
Avevo ragionato sui due territori, certo. Eppure mai in maniera organica, secondo una visione d’insieme che mi è sembrata d’improvviso sorprendente.
C’è voluta una degustazione improvvisa a Cortona e il viaggio in superstrada, lungo il Trasimeno, per ricomporre un quadro che solo i confini regionali avevano tenuto diviso. A nord il syrah e una denominazione sempre più incentrata su questo vitigno. A sud, sui colli che dominano le sponde del lago, la grenache (chiamata chissà perché gamay, senza tuttavia intaccarne la sostanza).
A vederla così, una piccola valle del Rodano in salsa etrusca. Ci avevate mai pensato? La butto là: mettiamo in piedi un evento che unisca le due terre e i loro vini, approfondendo la questione.
I tempi sono maturi. Dalle parti di Castiglion del Lago hanno capito che il vitigno è un’opportunità e ci stanno lavorando con convinzione. Ai pionieri della cantina Duca della Corgna si stanno affiancando nuove realtà artigiane, tra cui Madrevite che cova un vino assai promettente. Ma è solo l’inizio e il gruppo è destinano a infoltirsi.
A Cortona la consapevolezza è arrivata prima, anche se il percorso è in evoluzione. Passata la fase del modello unico e i comodi vestiti di mode passate, c’è chi tenta di indossare la propria identità.
Nel mare mosso, è fin troppo allettante crogiolarsi al sole dell’isola Amerighi. Un tipo di vignaiolo che ogni denominazione dovrebbe avere e vini che fanno fare un balzo in alto nella considerazione della zona.
Sarebbe troppo facile, tuttavia, attrarre aprioristicamente con parole alla moda, per quanto veritiere: lieviti indigeni, grappolo intero, pigiatura coi piedi, vasche di cemento, biodinamica. Almeno se dissociate dai vini brillanti e dettagliati, gustosi e personali, giocati sui tratti della varietà senza ricadere in schemi precostituiti, quali sono quelli di Stefano Amerighi. Una pietra angolare per la costruzione del Rodano etrusco.