Il Marroneto | Rosso di Montalcino Ignaccio 2011

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Ci sono parabole insondabili per il bevitore rilassato.

Prendiamo Montalcino e lo strano caso dei vini de Il Marroneto. In buona sostanza ignorati per un ventennio, o giù di lì. E poi, quasi improvvisamente, riapparsi sulla bocca e le tastiere di molti. Senza che fosse cambiato granché nello stile produttivo portato avanti da Alessandro Mori, al timone fin dagli esordi.

I 100/100 attribuiti da Wine Advocate al suo Brunello Madonna delle Grazie 2010 hanno indiscutibilmente rappresentato una svolta per la notorietà internazionale dell’azienda. Ma è solo il più mediatico dei numerosi premi e super punteggi collezionati dal Marroneto negli ultimi anni. E una razionale spiegazione “tecnica” fatico ancora a trovarla, al di là delle fisiologiche traiettorie di riposizionamento, non solo della critica mainstream.

Non è ovviamente l’unico esempio di questo tipo. Altre realtà artigiane di altri distretti italiani si sono ritrovate sotto i riflettori, più o meno dalla sera alla mattina, dopo lustri di semi-anonimato. Lì arriva la parte complicata: non tutti sono in grado di gestire exploit così fragorosi e repentini. Qualcuno si vede sfuggire Filippo e ‘o panaro *, nel tentativo – spesso illusorio – di recuperare il tempo perduto.

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Forse per questo mi piace leggere nella bontà dell’Ignaccio 2011 un valore che va oltre quello meramente espressivo. E’ “solo” il terzo vino nella gerarchia di gamma. Eppure si rivela ad ogni riassaggio uno dei Rossi più convincenti e completi incontrati a Montalcino nell’ultimo periodo. Confronti con blasonati Brunello inclusi, che troppo spesso mi deludono a tavola dopo averli magari apprezzati in degustazione classica.

La struttura è da sangiovese “importante”, la disinvoltura di beva da bottiglia quotidiana, o quasi. Non certo il vinello scarico che talvolta finiamo per desiderare quando si gioca a chi ce l’ha più grosso. Ma pienamente godibile, senza tanti pensieri, grazie alla sua carnale souplesse. I 15 gradi si sentono, è vero. Più sulle gambe che in gola, tuttavia. Ovattando appena il ricordo di una controprova che sa di maturità e consapevolezza.

 
 

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