In Umbria stanno nascendo tante cantine piccole e piccolissime. Un fatto nuovo e positivo, per come la vedo io, capace di cambiare il volto del movimento, arricchendolo di tessere originali e colorate.
Progetti sensibili alle nuove parole d’ordine del settore (territorio, autoctono, bevibilità e sostenibilità su tutte), meno focalizzati che in passato sulla ricerca pretenziosa (e un po’ presuntuosa) del vertice della piramide, ancorato ad un modello unico di (presunto) “grande vino”.
Pomario, aziendina “bio” nei pressi di Monteleone d’Orvieto, fa parte della new wave. Il riassaggio dei tre vini prodotti (un bianco, un rosso e un rosato) regala conferme, vibrazioni positive e la sensazione di una chiara identità stilistica. Vini scaltri, di belle acidità, non ossessionati dalla ricerca del frutto, a tratti ossuti, addirittura duri ma sempre equilibrati e saporiti. Vini gastronomici, che chiamano il cibo con forza e paiono poter essere molto longevi.
L’Arale 2014, da vecchie viti di trebbiano con quota di malvasia, è stato fermentato in barrique, prima di finire in acciaio e quindi in bottiglia. Le note tostate sono delicatissime, ben amalgamate ad un frutto fresco e agrumato. Qualche cenno di oliva verde e un’idea di limone essiccato porta la mente verso certi bianchi provenzali. In bocca, come detto, è vino poco ammiccante, di acidità nervosa ma non scontrosa, lucente, chiuso da un delicato tannino.
Buono e originale, evolverà benissimo in bottiglia.
[…] e accoglienza, una cantina curatissima e saggiamente ambiziosa per una terra ricca capace di dare questi vini e un olio nuovo che ha toccato le corde del mio cuore. Sarà che l’anno scorso l’olio nuovo mi […]