Me le ricordo ancora, le lacrime di mio fratello che scendevano copiose mentre scopriva che dietro quel costume rosso e la barba bianca non c’era un generoso lappone giramondo renne-munito.
E la mia reazione non è stata tanto diversa quando mi hanno spiegato che le “annate del secolo” sono fondamentalmente un’invenzione ad uso e consumo del fanciullino nascosto in ogni enoappassionato. Che non può fare a meno di prendere lo slogan alla lettera, sognando stagioni climatiche e viticole capaci da sole di trasformare l’Aglianico di Zi’ Peppe in Romanée Conti.
Se la vendemmia perfetta non esiste, come babbo Natale, è pur vero che ogni tanto spunta fuori quella che ne sa incarnare la migliore approssimazione possibile. Per i bianchi campani è la 2010: non mi viene in mente nessun altro millesimo dell’ultimo ventennio capace di generare una tale quantità di vini luminosi, vibranti, saporiti, varietalmente riconoscibili e chirurgici nell’aderenza territoriale. Bottiglie che, oltretutto, stanno evolvendo con la brillantezza che solo le grandi annate da invecchiamento regalano, anche per zone e vitigni solitamente meno attrezzati per stupire sul lungo periodo.
L’ennesima prova a favore arriva dal riassaggio del Biancolella Tenuta Frassitelli di Casa D’Ambra. E’ l’etichetta simbolo della viticoltura ischitana, letteralmente stuprata da mezzo secolo di selvaggio sviluppo edilizio, ma ancora orgogliosamente attaccata alle sue millenarie radici e vocazioni. Se non conoscete la storia dell’Isola Verde e del suo cru più suggestivo, in coda al post potete recuperare la verticale pubblicata sul mensile Gambero Rosso nell’autunno del 2013, corredata dalle note sui 12 millesimi testati in quell’occasione (dalla 2012 alla 1988).
Andrea D’Ambra consiglia di bere il suo bianco principe a 2-3 anni dalla vendemmia, ma non so se scriverlo perché c’è il rischio che qualche pseudo funzionario si innervosisca. In ogni caso sono in larga parte d’accordo con lui, nella misura in cui non vogliamo rischiare di perderci la voce più delicata e solare della biancolella ischitana. Come ha dimostrato la retrospettiva, le riuscite più felici del Tenuta Frassitelli sanno tenere e a volte approfondirsi ben oltre questo range temporale, con incredibile originalità. Ma è un tipo di evoluzione che può conquistare più facilmente il bevitore scafato che l’appassionato alle prime armi, perché dopo un lustro in bottiglia di solito il frutto quasi sparisce, soppiantato dalle timbriche officinali, cerealicole, marine (e se avvertite sensazioni salmastre, per cortesia non vi venga in mente di indicare “risacca”, altrimenti il povero passacarte si re-innervosisce e non è bello).
Risacca, battigia o scoglio che siano (non imparerò mai, porca miseria), in questo 2010 l’anima tirrenica occupa il centro della scena. Già pienamente terziario, quindi, ma con una mobilità per molti versi giovanile assicurata dalla frutta estiva, dagli arbusti, i tocchi resinosi. E’ un bel momento per goderselo a tavola, con tutto quanto di proteinico si può pescare dal frigocongelatore: puro equilibrio di sapore, tensione, fragranza, innestate su un peso medio-leggero. Probabile che resti su questa espressività ancora per qualche anno, ma il mio suggerimento è quello di stappare senza pensieri, se ne avete come spero in cantina.
Per ulteriori approfondimenti:
Verticale Frassitelli – Introduzione
Verticale Frassitelli – Schede Vini
Vini delle Isole Ischia e Capri – Ottobre 2006