
Dovete sapere che il mio amico Mauro “Viandante Bevitore” Erro è una grande, grandissima recchia *.
Prima che scatti il boicottaggio anti-tipicamente della lobby gay, tenete presente che nel nostro gergo terronico il termine non ha alcuna connotazione omofoba, al contrario. E’ il sereno riconoscimento della parte femminil-giamaicana presente in ognuno di noi, casalinga di Kingston compresa. Sintesi semantica, dunque, di quel complesso intreccio di cazzimma-sfaccimma-che tengo a veré-cacatemi il cazzo, che attraversa sottotraccia la storia umana, affratellando Epicuro e Pino Daniele, passando per Sant’Agostino e René Higuita.
Una vera recchia non ha bisogno di affannarsi nel cercare i suoi simili: sa che prima o poi verrà trovato, come la mille lire dispersa nei jeans sfrangiati a vita alta modello Brandon Walsh. Il suo principale compito è tenere pronte le bottiglie da stappare quando arriva il momento. Magari in uno studio di registrazione, insieme ad altre recchie che settimanalmente aprono i microfoni di Radio Shamal, prendendo a pretesto libri, dischi e film per colorare le quasi due ore di Rumore Bianco (link).
Seguite il link e recuperate i podcast delle 25 puntate fin qui trasmesse, entrando a mo’ di bianconiglio in quella che sembra una tana e si rivela presto un non-luogo dove si pratica ai massimi livelli la nobile arte della “siesta attiva”. Da gente come Amleto “Amlo” de Silva (link), Alessandro Chetta, Francesco Palmieri, Sergio Picariello, aizzati più che coordinati dagli autori Nicola Argenziano, Mario Colella e Marco “the Mexican Journalist” Ciriello (a proposito: se non lo conoscete, questo è il suo blog, consigliatissimo – link), con Monica Vegliante in redazione.
Mauro li fa bere bene e io mi diverto un mondo a sentire le lingue che progressivamente si impastano durante la messa in onda. Così come mi piace percepire le loro papille che si fanno sempre più esigenti settimana dopo settimana, prendendo vita propria e reclamando anche per loro il diritto di cacare il cazzo. Dimenticando – anzi – rimuovendo i tempi, magari non così lontani, in cui l’aglianico sfuso di Zi’ Peppe gli sembrava Romanée Conti. Perché ci siamo passati tutti, e ricordarlo fa solo un gran bene al cervello e all’anima.
Una grande recchia è anche uno che si scola in dieci minuti un Sancerre Les Monts Damnés 2013 di Thomas Labaille e ci scrive un post come questo (link). E poi ti allunga due bottiglie fino a casa perché sa che leggendolo ti è venuta la sete di un esquimese nel deserto e stai piangendo come un disperato, dato che hai perso il treno quando lo potevi ordinare. E ti dà modo di trasformare un lunedì al cubo, di quelli che sfondano ogni record immaginabile di frantumazione fallica, in un approdo di gioia corporale e pacificazione metafisica.
Nulla, ma proprio nulla, di “sauvignonesco”, perché ci sono erbe ed erbe, foglie e foglie, fiori e fiori, pompelmo e pompelmo. E servono solo a tratteggiare una primavera trascinata impetuosamente a valle da una mineralità fluviale altissima, purissima e bianchissima. Stavolta non ne so tirare fuori dei riconoscimenti, ma nel mio hard disk interno conservo perfettamente il sapore e voi non fidatevi di parole come nerbo agrumato e profondità salata, altrimenti vi disponete in ascensione verticale e vi perdete il mare all’orizzonte. Sarebbe proprio un peccato.
Se poi è un orgasmo multiplo quello che cercate, trovatevi una suocera che vi dice ti voglio bene con un cesto di cipolline fresche del suo orticello e sei uova che rendono orgogliose le galline da cui provengono. Aggruscate senza pensieri, perdonate voi stessi e il lunedì e siate grati per ogni recchia che si lascia trovare sul vostro cammino.
* credits: Fabio Cimmino