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6 cantine X 3 annate = Villa 40


Vi assicuro che non è una barzelletta ma la storia comincia così: ci sono un piemontese, un veneto, un siciliano, un umbro e due toscani. Tutti ospiti di Tommasi, in Valpolicella, aziendina da quasi un milione di bocce l’anno, proprietaria di Villa Quaranta e della depandance maremmana Poggio al Tufo.

Ospiti della Villa per una paio di giorni (una roba quasi boccaccesca), ci siamo preparati alla degustazione tuffandoci letteralmente nelle splendide Terme dell’Hotel, non rinunciando neanche ai piaceri purificatori del savonage.
Pratiche vane, al più palliative, visto che di li in avanti è stato solo un succedersi di aperitivi, cene, assaggi a ripetizione, millesimi e bicchieri in sequenza. Vabbè, come al solito ci abbiamo provato.
I protagonisti in bottiglia? I Barolo Bussia dell’azienda Giacomo Fenocchio, l’etneo S. Lorenzo della Giuseppe Russo, Sagrantino di Montefalco Colle alle Macchie by Giampaolo Tabarrini, Nocio di Boscarelli da Montepulciano e Vigna alle Nicchie Beconcini made in San Miniato.
Tutti in assaggio in tre annate, in una sorta di comparazione tra vini e territori, ma anche tra diversi millesimi appunto, per ragionare su tenuta ed evoluzioni e vedere l’effetto che fa.

Antonio – E bravo Riccardo Gabriele che s’è inventato un bell’appuntamento e c’ha fatto riassaggiare un bel po’ di roba. Certo che fare il punto di tutto è piuttosto complicato, e forse non serve neanche trovare un’unica chiave di lettura. Io la butterei più su considerazioni particolari, caso per caso, vino per vino

Fabio – Allora ti dico subito Fenocchio
A- A chi?
F – Ma dai, volevo dire che il Bussia ’04 di Fenocchio mi è sembrato il vino più convincente: frutto via via più intenso col passare dei minuti, note profonde di radice (liquirizia) e bel timbro balsamico. Attacco duro ma di grande sapore e finezza, profondità e tannino strepitoso
A – Ah Fabio… E’ stato anche il mio preferito. Devo dire che sono proprio contento di averne qualche bottiglia in cantina. Se devo essere sincero mi hanno convinto meno il suo 2005 (più caldo al naso e scomposto in bocca) e anche il 2006, che però ha bisogno di tempo visto che era un campione di botte. In seconda fascia invece metto il Nocio, il Nobile di punta dei Boscarelli: grande spezia e riduzione iniziale che fa spazio via via a bei frutti rossi e neri. Un rosso avvolgente ma allo stesso tempo profondo, appagante e sostenuto da una precisa acidità
F –  D’accordo. Ma anche qui meno convincenti mi sono sembrati il ’05 e il ’06. il primo con tutti i limiti di un’annata difficile; il secondo ancora poco leggibile, ma forse eccessivo sul piano alcolico e delle note tostate
A – E’ si, c’è da capire cosa succederà a questi vini in bottiglia, però mi pare che lo stile Boscarelli nelle ultme due annate si sia un po’ increspato. Ottimi vini, ma forse non così luminosi e capaci di guidare per stile e identità un’intero territorio come è stato fin’ora. Vedremo comunque

F – E i Sagrantino di Tabarrini? A me pare che il 2006 sia il più centrato di tutti: giovanissimo ma con prospettive convincenti
A – Qui potrei parlare per una ventina di giorni, ma ti risparmio le mie tiritere sulla necessità per qusti vini di invecchiare, una selezione di vigna che Giampaolo ama molto (terreni pesantemente argillosi, grandi estrazioni, maturità e potenza) e che a me onestamnte convince meno di altre sue etichette. Però sul Colle alle Macchie ’06 ti do ragione. Quel vino cambia la sua stessa essenza e apre nuove prospettive: molto più equilibrato, fresco, centrato su profumi di ginepro ed erbe amare finalmente libere da eccessi di frutta troppo dolce e rovere. Comunque io aspetto con ansia il suo Sagantino Campo alla Cerqua ’06, da terreni più leggeri e ciottolosi, affinato solo in botte grande. Sono curioso curioso perché i primi assaggi mi hanno più che convinto
F – Per il resto, a parte il S. Lorenzo di Russo di cui abbiamo già parlato, ho trovato meno convincenti gli Amarone e il Vigna alle Nicchie di Beconcini, un tempranillo che ha con il compare veneto la tecnica dell’appassimento in fruttai (seppure pr motivi diversi, in questo caso per non perdere acidità, di cui il vitigno è notoriamente povero). Se avessi potuto scegliere, di Beconcini avrei scelto il Reciso, un sangiovese in purezza duro come un sasso ma fine e sfumato. Per gli amanti della tipologia…

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