Montefalco Premier Cru


Ehilà salve, ma dov’è Bettane? Non c’è niente da fare, ogni volta che incontro Thierry Dessauve devo trattenermi, perché la domanda sul suo compare di degustazione parte spontanea.

Del resto che sarebbe di Cip senza Ciop, Mimì orfano di Cocò, Totò lontano da Peppino… Mi fermo qui perché ho la sensazione che abbiate afferrato il concetto.
Ma la domanda da un milione di dollari è un’altra. Che ci fa uno dei più grandi degustatori di vini francesi, curature della Grand Guide des vins de France a Montefalco, in una splendida giornata di metà novembre?
Lo so, anch’io sulle prime ho pensato che fosse li per le lumache di Cantalupo, però sono condite con l’olio extravergine e praticamente prive di burro, dunque ho subito scartato l’ipotesi.
No, no, il motivo era tutt’altro e l’ho scoperto seguendolo fin dentro il meraviglioso chiostro di San Francesco, lo scrigno dei tesori artistici di Benozzo Gozzoli. E chi ti trovo li dentro, quasi come fossero gli scolari dell’istituto d’arte in gita studio? Daniele Cernilli, direttorone del Gambero Rosso, Denis Dubourdieu, enologo di grido, ordinario all’Università di Bordeaux, il professorone Attilio Scienza e Vincenzo Zampi, uno dei nomi noti del mondo accademico sul marketing del vino.
La cosa mi ha incuriosito e scava scava, indaga indaga, sentite qua che ho scoperto… A Montefalco, col sostegno del Ministero e le gambe del Consorzio, si sono messi in testa di fare i francesi!  C’è la possibilità, udite udite, di realizzare una classificazione di merito dei Montefalco Sagrantino ispirata a Bordeaux. Dopo aver svolto uno studio è stato messo a punto un possibile modello di classificazione che, con i dovuti adattamenti, richiama quello che è stato adottato a Saint Emilion a partire dalla metà degli anni ’50 del secolo scorso.
Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, dopo aver preso visione del lavoro preparatorio svolto ed averne riconosciuto il rilievo e la validità, ha stabilito con Decreto emanato il 18 dicembre 2008 di affidare ufficialmente al Consorzio il compito di svolgere una sperimentazione per la sua realizzazione.
Se la cosa andasse in porto, pare, sarebbe la prima volta fuori dai patri confini di Voltaire, Brigitte Bardot e Asterix…

Come detto, il modello di classificazione proposto per la sperimentazione si ispira a quello adottato da più di cinquat’anni a Saint Emilion, di cui è ripresa l’impostazione generale sia pure con numerosi adattamenti alla specifica situazione di Montefalco ed a quella italiana in genere.
Gli aspetti salienti sono:
1) sono classificati vini (delle “etichette”) e non vigneti
2) i criteri di classificazione fanno riferimento, prima di tutto, a requisiti propri del singolo vino e che fanno riferimento in particolare a parametri di qualità e notorietà oltre che al prezzo; sono poi presi in considerazione anche alcuni requisiti propri dell’azienda produttrice
3) la valutazione di merito è informata ad logica di “certificazione”, ovvero di verifica di risultati già raggiunti e non al puro apprezzamento discrezionale da parte dei membri della commissione; anche la valutazione della qualità (organolettica) prevede esplicitamente l’esame dei giudizi che la stampa specializzata nel periodo di riferimento; lo svolgimento di degustazioni da parte della Commissione di valutazione rappresenta uno strumento complementare volto a verificare taluni aspetti che non sempre è possibile dedurre da fonti esterne, quale ad esempio la verifica della capacità di un vino di invecchiare
4) la Commissione di valutazione sarà costituita da soggetti esterni a Montefalco, che saranno scelti dal Ministero fra personalità di rilievo del mondo del vino ed espressione dei principali ambiti di competenza all’interno del settore
5) è prevista la revisione della Classificazione ad intervalli di tempo pre-definiti, inizialmente più ravvicinati (3-5 anni) per poi diventare più lunghi (10 anni, come Saint Emilion)
Roba da non credere.
E infatti non tutti ci credono. Dubourdieu, anzitutto, che se potesse rinuncerebbe di buon grado anche alla classifica di casa sua. Molti produttori della zona, che hanno già cominciato a litigare sulle reciproche,  presunte posizioni.
E propio questo è il rischio, conferma Dessauve: di far finire in tribunale le decisioni delle commissioni, bloccando di fatto i movimenti in discesa. In Francia succede, vi immaginate cosa potrebbe accadere da noi?
Ci vorrebbe dunque una piattaforma di regole ferree e condivise all’unanimità, una sorta di patto di sangue.
Niente di più facile, visto che l’azienda riconosciuta come leader della denominazione, quella di Marco Caprai, uno dei pochi certi di occupare il vertice della piramide, non è stata nemmeno invitata al Convegno.

A me pare che le jour de gloire sia ancora lontano…

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