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In difesa del cibo

Dopo il Dilemma dell’Onnivoro ho divorato il secondo libro di Micheal Pollan: In difesa del cibo.

Il volume è una sorta di appendice al lavoro precedente. Se nel Dilemma, Pollan affrontava le catene alimentari fornendo un quadro chiaro e appassionante dell’origine degli alimenti, In difesa del cibo è una vera e propria dichiarazione di guerra al sistema americano dell’alimentazione.
Le lobbies delle industrie alimentari hanno condizionato la politica americana sulla salute pubblica sfruttando la potenza mediatica e il desiderio di finanziamenti della comunità scientifica. Cattiva informazione e corruzione degli organi adibiti al controllo della qualità (FDA, food and drug administration in testa) sarebbero, secondo l’autore, i principali ingredienti dell’educazione alimentare americana.
La comunità scientifica si è resa colpevole di aver reciso il legame tra cibo e cultura, inoculando nel povero popolo americano, spoglio di tradizioni alimentari, il virus del nutrizionismo. Astrarre il cibo dal proprio contesto culturale, per sezionarlo in una serie inerte di nutrienti uguali a se stessi e ripetibili in ogni sostanza commestibile, ha condizionato il mangiatore occidentale lasciandolo preda del bieco marketing dell’industria alimentare.
Obesità, tumori, malattie cardiovascolari stanno minando una società ignorante, sempre più isolata e vittima di teorie strampalate sulla salute alimentare. Alla fine del volume, Pollan, che sembra quasi un Don Chisciotte dell’alimentazione, suggerisce al lettore una serie di atti sovversivi per ribellarsi al potente sistema alimentare americano e iniziare una rivoluzione brandendo una forchetta.
Dal mio punto di vista, nonostante la prefazione all’edizione italiana, la tesi di Pollan non è applicabile alla nostra storia gastronomica. Sarò ottimista, ma pur immaginando il più nero futuro possibile, dubito, e spero di non sbagliarmi, che dovremo ricorrere ai consigli di Pollan per una sana alimentazione. La nostra cultura alimentare ha radici profonde che nessuna autorità scientifica, per quanto corrotta, è in grado di sradicare.
A proposito, ricordate l’affermazione dell’ex ministro della salute Umberto Veronesi, proprio lui, che riteneva il pesto tradizionale cancerogeno e quello industriale meno dannoso? Un miscuglio diabolico di autorità scientifica, giornali e televisione che non credo abbia scalfito di un millimetro il piacere fisico di annusare il profumo di basilico all’inizio della primavera. Magari non avremo il coraggio dell’attivista francese Josè Bovè che smontò le finte tegole di un Mcdonald’s, ma credo sarà difficile abbandonare la nostra tradizione culinaria per alcuni piatti pronti da scaldare al microonde.
Al di là della vostra cultura alimentare la lettura risulta comunque molto avvincente. Pollan riesce a catturare l’attenzione del lettore e  fornire una serie di nozioni davvero interessanti e piene di utilità. L’intento celato dell’autore è, a mio giudizio, quello di minare un sistema politico culturale, partendo dalla tavola.
Potremmo provarci anche noi? Io ho già in pugno la forchetta…
In difesa del cibo
Michael Pollan
Adelphi
pp. 252
€ 19

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