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Il nuovo progetto di Raffaele Troisi. Arrivederci Vadiaperti, Benvenuta Traerte


“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. (cit.)

Non vado molto d’accordo con le citazioni, per varie ragioni. Da un lato mi sembra di “approfittare” del lavoro altrui, come quelli che saltano una fila con le scuse più improbabili, perché ci vuole talento o, in mancanza, tanto impegno per dare forma ad un pensiero sintetico particolarmente efficace.

Dall’altro devo fare i conti con la mia freudiana tendenza ad adattare le frasi celebri al mio vissuto, con storpiature involontariamente comiche. E non si fa: se vuoi citare, lo sanno tutti, devi essere preciso alla lettera e alla virgola, a meno che tu non sia Quentin Tarantino. Ma mi tengo alla larga dai riferimenti virgolettati soprattutto per un altro motivo: se riesco a ricordare a distanza di anni un’asserzione letta o ascoltata, solo raramente ne trattengo il nome o il volto dell’autore. Come se una parte di me si rifiutasse di attribuire una “proprietà individuale” ad una verità rilevata o semplicemente illuminata. E desiderasse al contrario di viverla come un’idea già presente nell’aria e pronta ad essere acchiappata, poiché appartenente all’umanità nel suo insieme. Non è un concetto molto popolare, il mio, ma credo che a volte i nomi non siano così importanti. Le persone sì, i nomi no.
“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. E’ così rilevante che l’abbia affermato Antoine Lavoisier? Anche perché, mi ripeto da stamattina, il biologo-fisico-chimico-economista francese non poteva conoscere, fino a prova contraria, Raffaele Troisi e non poteva sapere che la sua frase avrebbe sintetizzato meglio di qualunque mio sproloquio la notizia che che ispira questo post.
Una notizia che non aprirà l’edizione serale del Tg, ma non passerà inosservata per tutti gli appassionati che conoscono a fondo la storia del vino irpino, e non solo. Notizia che era in buona parte nell’aria già da qualche stagione, e che può essere riassunta così.
L’azienda vitivinicola Vadiaperti di Montefredane, fondata nel 1984 da Antonio Troisi, sospende a tempo indeterminato le attività. Nel contempo Raffaele Troisi, impegnato per oltre vent’anni nell’azienda di famiglia, si butta anima e corpo nell’avventura di Traerte, nuova realtà vinicola creata nel 2011 per volontà di tre soci e amici (Giuseppe Pisano, Claudio Ciccone e Marco Loria), come consulente e responsabile di produzione.

Una notizia che suscita, credo non solo in me, emozioni a dir poco contrastanti. Da una parte è tristezza, non saprei chiamarla altrimenti, perché si interrompe l’epopea di un’azienda a cui sono profondamente legato, per tante di quelle ragioni che non basterebbe una settimana ad elencarle. Dall’altra è sollievo, non saprei chiamarlo altrimenti, perché mai come oggi penso ci sia bisogno di scelte chiare, nette, radicali, per quanto dolorose. Da una parte è frustrazione, perché si allunga la lista di quelle attività che in qualche modo non ce l’hanno fatta più a sopportare il peso dei flussi economici, anche se in questo caso specifico sono vicende di lungo corso, slegate dagli ultimi anni. Dall’altra è entusiasmo, perché negli occhi di Raffaele si legge tutta la voglia di misurarsi con un nuovo progetto, di raccogliere la sfida di una nuova avventura, con la stessa libertà, le stesse difficoltà, ma senza il peso di zavorre pregresse.
“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. E i nomi non sono sempre così importanti, dicevo. C’è uno spirito che alla fine conta più dei marchi e delle ragioni sociali. Quello spirito che mi ha spiegato quale posto possono occupare nel tempo e nello spazio i vini che nascono a pochi chilometri da casa mia. Quello spirito che mi ha insegnato a riconoscere un bianco highlander, ma soprattutto a fidarmi di certe bottiglie giovani, anche quando i sensi non arrivano a comprendere. Quello spirito che mi ha mostrato cosa vuol dire resistere, restare fedeli a sé stessi, ad uno stile davvero senza mediazioni, anche quando tutto il mondo sembra andare da un’altra parte. Quello spirito che scende in un bicchiere di Fiano ’88, ’92, ’94, 2003, in un Greco ’89, ’92, ’95, 2002, 2004, in una Coda di Volpe ’97, 2004 o 2005, in un Aipierti ’08, in un Tornante ’09, in un Torama ‘11. Quello spirito che è trasmigrato da Antonio a Raffaele Troisi, cambiando pelle e restando intimamente lo stesso.
Quello spirito che fondamentalmente se ne frega di chiamarsi Pippo o Paperino. Quello spirito che sono sicuro ritroveremo nei bianchi targati Traerte.
Li assaggeremo presto e ne daremo conto, così come cercheremo di raccontare come si svilupperà la nuova avventura, quale sarà la piattaforma dei vigneti selezionati e quanto sarà costante, dove e come verranno vinificate le uve, che tipo di prospettiva sapranno suggerire i vini in bottiglia. Ragionando a occhi aperti e bicchieri pieni, come sempre.
Nell’attesa di guardare e capire, ci affidiamo per una volta all’istinto, convinti del fatto che valeva la pena di lottare fino all’ultimo secondo per un pezzo di storia del vino irpino, ma che è ugualmente meritorio riconoscere qual è il momento giusto per fermarsi e iniziare un nuovo sogno. Perché le cose vere non hanno nome né proprietà.
Arrivederci, Vadiaperti. Benvenuta, Traerte. Ma soprattutto in bocca al lupo, Raffaele.

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