L’articolo che segue è stato pubblicato sul mensile Gambero Rosso (anno 20, numero 229, Febbraio 2011)
Sui tavolini all’aperto dell’unico bistrot del villaggio, al tepore di una luce bianchissima che rende il paesaggio ovattato e obbliga all’occhiale scuro, arrivano netti gli odori della cucina, a svelare qualche ingrediente dei piatti di queste parti: non manca il profumo confortante del pomodoro, si insinuano decisi i toni erbacei dell’olio d’oliva, e dai vasi sul davanzale arriva inconfondibile l’inebriante aromaticità del basilico fresco. Che sia una Francia diversa da quella che i seguaci dei grandi vini sono abituati a frequentare, ci sono davvero pochi dubbi.
Benvenuti a Calce, 200 anime e una manciata di case dai colori chiarissimi, appollaiate su un cucuzzolo dei Pirenei Orientali, nella regione del Roussillon. Tutt’intorno uno spaccato naturale incredibile, dai caratteri forti, per certi versi duri, selvaggi, quasi ancestrali nella loro essenzialità. La continuità catalana è netta, Barcellona dista poco più di duecento chilometri, Perpignan è a un tiro di schioppo e la catena delle Corbières è lì, che pare di poterla toccare.
Nomen omen, Calce è un luogo che svela da subito la sua essenza più intima: basta un’occhiata alla terra, ed è fin troppo facile scovare in chi ha battezzato il paese un disarmante difetto di fantasia. Che va di pari passo, però, con la capacità di fotografarne l’essenza in maniera chirurgica. Inerpicandosi per l’unica strada possibile, la D 18, è tutto un susseguirsi di curve e controcurve, a svelare paesaggi profondi e mutevoli, a tratti rigogliosi, poi quasi lunari e brulli, fino a scorgere da una parte le montagne e dall’altra il mare.
Le viti ne fanno parte senza accenni di grandeur, perfettamente mimetizzate, quasi ingoiate dal contesto naturale, al pari degli arbusti selvatici, degli olivi e delle rocce. Un elemento della natura come gli altri, piante tra le altre piante, apparentemente spuntate a casaccio, qua e là, più per i capricci del terreno, che disegna pieghe profonde e confuse, che per una precisa volontà umana. Niente filari ordinati, nessuna vigna giardino, solo tanti alberelli sparpagliati (il tipico allevamento goblet della zona) dai tronchi robusti e legnosi, segnati dal tempo e dalla tramontana che spazza imperiosa due giorni su tre (così dicono i vecchi del posto), riparati nelle gole di piccoli canyon o tra i faticosi muretti a secco.
Un territorio magico e arcaico, caduto o forse mai emerso dal dimenticatoio; capace però, negli ultimi tempi, di far gridare al miracolo chi si trova ad assaggiare i suoi vini. «Succede qualcosa nei vigneti di Calce, un evento entusiasmante, una rivelazione». Anche un tipo smaliziato come Denis Saverot, firma de La Revue du Vin de France si lascia andare a considerazioni entusiastiche su quello che viene definito da più parti come un “nuovo cru”, tra i più interessanti di tutta la Francia, anche se minuscolo, visto che la superficie complessiva registra appena 400 ettari di vigna.
Già, la vigna. Nella stragrande maggioranza dei casi viti vecchie, in alcuni casi centenarie, che poggiano su suoli di natura calcarea e scistosa, con pochissima argilla, a formare un connubio unico e irripetibile. Nei vini è il suolo che parla e prende il sopravvento, forse più delle varietà: grenache bianca e grigia, maccabeu per i bianchi; grenache nera, carignan e syrah per i rossi, che sembrano semplicemente un mezzo per traghettare nel bicchiere i caratteri minerali dei terreni. Come delle specie di marchingegni alchemici capaci di trasformare quel che è solido in liquido, mantenendone perfettamente i caratteri.
E’ evidente che all’uomo non resta che assecondare questo processo, e infatti non stupisce che le cantine del posto, da quelle con più anni sulle spalle che hanno indicato la via, come Gauby, fino ai nuovi arrivati, si siano orientate ad una viticoltura quanto più rispettosa possibile dell’ambiente. E che fa di Calce un vero e proprio “fenomeno naturale”, tra i più suggestivi del pianeta vino, con una concentrazione di aziende biologiche e biodinamiche fuori scala.

I rossi, e soprattutto, i bianchi di Calce fanno gridare al miracolo per finezza, mineralità e fedele rispondenza ai suoli di provenienza, senza far pesare in alcun modo l’appartenenza ad una regione meridionale, piuttosto calda e siccitosa. Vini vibranti, di favolosa bevibilità ma anche dal patrimonio complesso e sfaccettato, capaci di un nerbo acido imperioso, accompagnato da una spalla sapida (in alcuni casi salata) che ne caratterizza il sorso. Vini tridimensionali, che rifuggono esuberanze fruttate o aromatiche, per seguire la strada della naturalezza espressiva che solo quei suoli rocciosi e assolati, in perenne equilibrio tra il mare e le montagne, spazzati dal vento e apparentemente fuori dal mondo, sanno regalare.
CALCE, LE MIGLIORI AZIENDE

Gérard Gauby, l’inizio di un sogno
Non conosciamo terroir emergenti che non abbiano legato le proprie fortune a quelle di un trascinatore, un leader, un “padre della patria”. A Calce questo ruolo è toccato e tocca a Gérard Gauby: il primo a scommettere qui su un modello haute couture, lontano dalla mentalità industriale delle pre-esistenti realtà cooperative, il primo a credere in zona nella viticoltura biodinamica, adottata da tutti i domaine privati nati negli anni successivi. Il primo, soprattutto, ad aver ribaltato l’immagine del Roussillon vitivinicolo, illuminando le straordinarie potenzialità di un territorio “sudista” per clima e latitudine, ma non per l’espressività dei suoi vini. «La cosa più importante», condivide con noi, «è rispettare la vita e l’equilibrio dei suoli: in una zona siccitosa come la nostra, è l’unico modo per favorire una più rapida maturazione polifenolica, conservando gradazioni alcoliche moderate». Partito nel 1985 con 4 ettari e alcune particelle piantate nel 1890, Gérard è aiutato dal figlio Lionel e dalla moglie Ghislaine e gestisce oggi 40 ettari per un totale di 80.000 bottiglie annue. Tra i rossi c’è carignan, grenache, syrah e mourvèdre, i bianchi sono per metà maccabeu e per la restante parte grenache bianca e grigia, muscat e vermentino.
Domaine Gauby
La Muntada – 66600 Calce
Tel. +33 0468 64 35 19
Email: domaine.gauby@wanadoo.fr
Sito Internet: www.domainegauby.fr
Thomas Teibert, Horizon tra mare e montagna
Thomas Theibert appartiene alla piccola schiera di produttori stranieri che ha deciso di investire e vivere a Calce, portando così nel piccolo borgo del Roussillon un po’ di cultura e di lingua italiana. Ben intesi, Thomas è nato in Germania, ma del nostro paese conserva un’importante esperienza, quando per alcuni anni ha rivestito il ruolo di enologo nella cantina altoatesina Manincor. «E’ uno dei più grandi terroir del mondo», spiega col suo sorriso pieno e soddisfatto, «molti geologi vengono qui, e nel Roussillon in generale, per studiare i numerosissimi tipi di pietre e minerali presenti». Il nome della cantina ha una ragione semplice e affascinante: tutte le vigne, vecchi ceppi allevati in collina, a due passi dal paese, guardano il mare (che dista non più di 20 chilometri) e dunque l’orizzonte. Riguardo le varietà bianche, a differenza di altri produttori, molte delle viti di Thomas si trovano su suoli quasi esclusivamente calcarei, fatto che distingue i suoi vini in maniera netta, conferendogli una mineralità “chiara”. Istrionico, gioviale, perfettamente a suo agio in ogni situazione ma anche rigoroso e preciso quando c’è da fare sul serio, Thomas sembra davvero assomigliare ai suoi vini, prodotti fin dal 2007 nel solco della biodinamica.
Domaine de l’Horizon
Rue des Pyrenées, 4 – 66600 Calce
Tel. +33 0623 85 24 59
Email: teibert.thomas@wanadoo.fr
Sito Internet: www.domaine-horizon.com
Tom Lubbe, Domaine Matassa
Nato in Sud Africa e cresciuto in Nuova Zelanda, ad Auckland, Tom Lubbe è approdato a Calce per uno stage da Gérard Gauby. E da qui non è più ripartito, dopo aver deciso di dare vita nel 2002 al Domaine Matassa, dal nome della prima vigna acquistata in zona. Affiancato da Nathalie Lubbe e Sam Harrop, negli anni successivi ha acquisito numerose piccole parcelle di vecchie vigne piantate a goblet, fra il villaggio di Calce (da 150 a 300 metri) e Fenouillèdes, a circa seicento metri di altitudine. Sono circa quindici oggi gli ettari di vigna, condotti in biodinamica e divisi quasi esattamente a metà tra i rossi grenache e carignan e i bianchi grenache grigia e maccabeu. Nonostante la giovane età aziendale, Matassa ha già saputo mettere in mostra un profilo stilistico estremamente riconoscibile, fatto di energia e vera mineralità, che Tom attribuisce soprattutto agli scisti verticali, il tipo di terreno prevalente nelle sue vigne.
Domaine Matassa
Mas Serriol – 66600 Espira-de-l’Agly
Tel. +33 0468 64 10 13
Email: matassa@orange.fr
Olivier Pithon, l’astro nascente del Sud
Olivier Pithon è un ragazzone gentile e sorridente, che tuttavia dà l’impressione di non aver troppo tempo da perdere, immerso nel suo lavoro con la passione e la determinazione di ogni giovane vigneron che punta in alto. Arriva a Calce dalla Valle della Loira (dove la sua famiglia gestisce un’altra cantina, Jo Pithon) e in men che non si dica (l’azienda è stata fondata da una decina d’anni) diventa uno dei più promettenti produttori della zona. Una realtà di appena 15 ettari, con viti che mediamente hanno cinquant’anni di età e qualche nuovo impianto in via di definizione, più o meno a tre-quattro chilometri dalla cantina (che invece è proprio al centro del paese) in direzione dei Pirenei, a 250 metri di altitudine. L’agricoltura praticata è da subito improntata al biologico, mentre negli ultimi due anni si è passati al biodinamico. I vini che ne derivano sono tra i più particolari della zona, improntati su note minerali “scure”, capaci di emozionare per la grande complessità, più che per dei tratti stilisticamente impostati. Vini dritti, comunque, di sicura profondità, e incredibilmente saporiti, a cui è davvero difficile resistere. I bianchi, in particolare, che a noi paiono tra le migliori espressioni della zona, sono allevati su terreni scistosi, spesso arati con i cavalli, vista la durezza dei suoli, e sono dannatamente riconoscibili.
Domaine Olivier Pithon
Route d’Estagel, 19 – 66600 Calce
Tel. +33 0468 38 50 21
Email: pithon.olivier@wanadoo.fr
Sito Internet: www.domaineolivierpithon.com
Jean-Philippe Padié, energia minerale
«Qui a Calce ho capito che il mio sogno poteva realizzarsi». Parola di Jean-Philippe Padié, fondatore nel 2003 dell’omonimo domaine, diretto insieme a Pascal Dienidou. Non lasciatevi ingannare da quell’aria apparentemente timida: nei suoi occhi c’è tutta la simpatia e la curiosità di un ragazzo che ha scelto il Roussillon per la sua avventura di vigneron, dopo aver vissuto in Borgogna, vicino Beaune, studiato a Lione e lavorato da Mas Amiel e Gérard Gauby. «In questo villaggio dal nome minerale c’è un energia speciale che sembra attrarre magneticamente le persone», insiste Jean-Philippe, «volevo capire come rispondono i coni di calcare, gli scisti, le marne e perché la grenache grigia è qui più loquace del suo cugino bianco». E come “materiale didattico” ha messo insieme circa dieci ettari divisi in quasi quaranta parcelle, tra cui una rilevante quota di vecchi impianti, consacrati a carignan, grenache, syrah, mourvèdre, grenache grigia e maccabeu, ed interpretati con uno stile limpido e sottile, ideale per chi cerca veri e propri vin de soif.
Domaine Padié
Rue des Pyrenées, 11 – 66600 Calce
Tel. +33 0468 64 29 85
Email: contact@domainepadie.com
Sito Internet: www.domainepadie.com