La Giovine Irpinia


Ci si può perdere facilmente tra i vicoletti, color sabbia, del padiglione B di Vinitaly. Tutti uguali gli stand, tutti i nomi delle aziende scritti con lo stesso carattere, tutte le banderuole con la striscia verde, tutte le pareti con una bellissima foto di una vigna a pergola avellinese.

Tutte le casette, dal numero 1 al 67, identiche. Di solito, quando percorro una strada nuova cerco di prendere qualche riferimento visivo, per poi ritornarci con più facilità nel caso ce ne fosse bisogno, ma qui non vedo nulla che si elevi o si caratterizzi.

Allora, per orientarmi, devo guardare la gente in faccia, vedere chi c’è dietro quei banconcini bianchi a mescere quantità smisurate di vino. Facce che conosco. Facce malfamate, con la barba incolta, cicatrici e rughe profonde. Volti da bucanieri, pirati dei sette mari, da galeotti condannti a coltivare uva, produrre vino e a vendere bottiglie per l’eternità. Questa visione mi ha accompagnato per tutto il primo giorno del mio 44° Vinitaly.

Il secondo giorno ho iniziato a guardare più in profondità agli stand. Mi sono affacciato dietro il primo scaffale/vetrina e in alcuni casi sono entrato fin dentro il ripostiglio di servizio. Ho visto visi molto più puliti, lisci e timidi. I piccoli irpini che si affacciano sul grande palco. I figli delle Rock Star che seguono i genitori durante i tour mondiali che guardano i concerti da dietro le quinte. Giorno dopo giorno hanno iniziato a prendere coraggio, ad affacciarsi con più decisione, come le chiocciole dopo la pioggia.

Ecco allora spuntare: Carla  de I Favati, Maria Rita di Rocca del Principe, i bambini, ma non troppo, di Villa Diamante,  la piccola Di Prisco con il suo Nintendo, Antonio di Benito Ferrara, glorioso bodyguard della mamma Gabriella, per arrivare al Salvatore Molettieri versione mignon, che il nonno portava in giro in una sola mano. Giorno dopo giorno il padiglione è diventato più verde, più gioioso, più soleggiato.

Sarebbe stato bello vedere anche Roberta Troisi, Milena Pepe con il suo neonato Angelo, i nipoti di Clelia Romano, ai quali la nonna ha dedicato un vino cadauno.

Finalmente l’Ipinia sta diventato realmente verde. Quanto mi piacerebbe se tutti questi giovincelli si appassionassero al vino dei propri genitori, si affezionassero alla propria terra come i padri e le mamme e più di loro. Mi piacerebbe, un giorno, chiamarli vignaioli irpini, parlare della loro idea di viticoltura, bere insieme i più grandi vini del mondo per passare una bella serata.

Tutte meravigliose facce da fotografia quasi da poster, di quelli che si attaccavano e forse si attaccano in camera. Le facce c’erano, ma quest’anno è mancata la macchina fotografica più famosa del mondo vitivinicolo, almeno Campano.

Al Vinitaly non c’era Antonio Caggiano. E’ in forma, non vi preoccupate, ma la mancanza dei vecchi si nota quanto la presenta dei giovani, ed averlo potuto vedere scattare foto a tanti baby avrebbe reso il quadretto ancora più bello di quanto non fosse gia.

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