Della passata esperienza di lavoro in Enoteca, tra tante cose, ne ricordo soprattutto una: i miei tentativi di vendere Dolcetto, Barbera e Nebbiolo ai clienti che chiedevano Bolgheri, Bolgheri e Bolgheri.
Non che a me i vini della costa toscana non piacciano, badate bene, ma sono legato a un concetto di viticoltura che a Bolgheri in pochissimi casi viene applicato: il contatto diretto del produttore con tutte le fasi del vino, dal campo alla cantina.
Sono disposto a concedere un pizzico di imperfezione formale ad un vino se la carica di personalità espressa riesce a infondersi nella mia anima che, a questo punto, credo risieda vicino al mio palato. Se Bolgheri pullula di vini corretti e piacevoli, interpreti perfetti di uno stile acquisito a suon di bottiglie vendute, è nell’espressione delle diversità (zona, vigneto, clima, produttore), caratteristica peculiare di ogni grande area vitivinicola, che il desiderio di molti appassionati di vino viene frustrato.
Quest’anno però, durante gli assaggi per la guida del Gambero, tra le batterie dei vini di Bolgheri a un certo punto mi è suonato una sorta di “campanello”. Ho assaggiato un vino dalla piacevole tensione gustativa, avvolgente ma non scontato, con tannino serrato, fine e acidità da vendere. Alla fine della degustazione, ho scoperto che l’azienda si chiama I Luoghi e si trova a Castagneto Carducci. Da poco sono andato a vedere di persona quello che il bicchiere mi aveva suggerito nell’assaggio estivo.
I Luoghi sono quelli di Stefano e Paola, giovanissimi e appassionati viticultori che possiedono tre ettari e mezzo di vigneto, diviso in due particelle, nella splendida campagna di Castagneto Carducci, a due passi dal mare. Il vigneto è stato piantato nel 2002 seguendo le caratteristiche del terreno, un suolo di carattere sabbioso non privo di concrezioni calcaree.
“Non abbiamo seguito ciecamente, come il mercato suggeriva, il modello bordolese – spiega Stefano – ma cercato di capire ciò che questo tipo di suolo richiedeva”. Porta innesti vigorosi, in modo da cercare competizione con l’apparato fogliare, basse rese naturali (grazie anche ai fagiani…) e un approccio agronomico più naturale possibile. I sistemi di allevamento sono a cordone speronato, singolo e doppio, con una strizzata d’occhio all’alberello che piace molto a Stefano.
Cabernet sauvignon, cabernet franc, merlot e syrah sono vinificati separatamente (portati in barrique clone per clone se necessario). La svinatura è condotta senza l’ausilio di presse, aprendo lentamente il portello delle vasche di acciaio. Il lavoro di Paola, in cantina, è frutto di grande passione e dedizione. I due hanno girato le vigne di mezza Toscana per imparare e vedere il vigneto nelle sua molteplicità di forme ed esposizioni.
Ho assaggiato in barrique le singola varietà della vendemmia 2008.
Grande pulizia e dinamismo gustativo per tutte le varietà, con un cabernet franc davvero interessante. Il 2007 Campo al Fico (il Bolgheri Superiore) dalla botte, appare rubino brillante, la materia è concentrata ma sorretta, come mi era parso dall’assaggio della precedente annata, da confortanti spigolosità che ne amplificano la soddisfazione della beva. Le vere qualità dell’azienda si affermeranno solo con il passare del tempo e con vigne sicuramente più vecchie ma, per il momento, devo ringraziare Stefano e Paola, per avermi riavvicinato a Bolgheri e alla sua viticoltura.